Complessità del desiderio di Giuseppe Rosafio (Avvocato ed ex Sindaco di Copertino)
Da tempo mi chiedo come risponderei e come reagirei se fossi chiamato ad intervenire e a dire il mio punto di vista di fronte alla “Complessità del desiderio”.
Questo interrogativo si è improvvisamente posto alla mia attenzione leggendo un articolo di Emanuele Coccia su Repubblica, che recensiva un libro dal titolo significativo ed esplicito “Di cosa parliamo quando parliamo di consenso”, della filosofa francese Manon Garcia.
Argomento che definirlo complesso è un eufemismo.
La cronaca giudiziaria quotidiana, il Movimento #MeToo, e nel mio piccolo bagaglio personale e professionale, ho provato più di una volta di affrontare la questione del consenso o meno nel caso concreto.
Per fortuna non sono obbligato e qualche volta ho rinunciato all’incarico con un garbato diniego in casi non chiari e definiti, ma rimane in molti casi e, non solo nella professione, l’interrogativo di fondo che è proprio della complessità dell’affrontare e dare una risposta esaustiva quando sei chiamato e coinvolto personalmente.
Il recensore riportava la tesi dell’autrice che afferma che da una parte “si tratta di combattere l‘idea che la sessualità sia esterna alla morale che il sesso sia un campo di battaglia regolato esclusivamente dalla legislazione contro le violenze sessuali, e dall’altra di affermare la necessità, secondo il pensiero della Manon, di introdurre la morale come metro di valutazione delle nostre azioni, anche nel sesso.
Anzi, a ben guardare, aggiungo io soprattutto nel sesso, in questo momento storico.
Certo, nelle aule di giustizia e nella cronaca i due schieramenti si dividono e si contrappongono in un estenuante quanto, per me, inutile e sterile campo di battaglia in cui si perde tutti.
Siamo chiamati in un impegno faticoso e quotidiano che vede noi uomini impegnati a sgomberare il nostro ego da ogni precedente fanatismo, comportamento stratificato da anni di messaggi falsati e comportamenti che portano ad interpretare atteggiamenti del mondo circostante che si riversano su di noi e che spesso interpretiamo in modo sbagliato.
L’errore, sono portato a credere, viene proprio dall’ inconsapevole convincimento che basta proclamarsi vicino e comprensivo delle differenze di genere per essere nel giusto; tutto questo porta a semplificare il messaggio ricevuto.
E’ inutile ricordare i messaggi sbagliati ricevuti, anche nelle famiglie matriarcali fin dalla infanzia, portano nella vita a comportamenti di sopraffazione e di involontaria violenza.
Non è facile, ed è lungo il percorso per svuotare tutto l’armamentario di comportamenti ed atteggiamenti sbagliati; poi ad un certo punto della vita si è portati a credere, come per incanto, che con qualche buona lettura e fortunato incontro, si è raggiunto il traguardo.
Purtroppo, a me ora è chiaro che l’impegno singolo, individuale, non è sufficiente ed è solo un primo passo; si cominci dai piccoli comportamenti quotidiani, dal ruolo in famiglia e tra amici e conoscenti.
Gesti errati ripetuti inducono i ragazzi a dare per scontato che sono inevitabili.
Rimane il campo del desiderio e della difficoltà della sua interpretazione, ed occorre la consapevolezza che questa difficoltà coinvolge entrambi i sessi senza tabù o peggio ancora nella errata convinzione che riguardi solo gli uomini.
Ecco, spostando la tormentata questione dal campo della legislazione, della repressione e del giudizio, al campo della morale, si può sperare di fare un passo avanti.
Lo sforzo deve essere per tutti quello di formare un codice riconosciuto di comportamento e di regole condivise, a cominciare dal rapporto di coppia, e da estendere alla società.