REDDITO DI LIBERTÀ PER LE DONNE VITTIME DI VIOLENZA:
NON UNA SOLUZIONE MA UN BUON INIZIO (di Lara Carrozzo)
Viste le statistiche ancora poco confortanti sulle donne vittime di violenza in Italia e nel mondo e vista la mancanza di informazione sana su tali tematiche, mi è sembrato opportuno pubblicare un articolo che riguardasse un elemento compensativo base per dare uno spiraglio di luce a chi si trova imprigionato in una vita non voluta, perché contrattualizzata in un rapporto di coppia trasformatosi, dopo il matrimonio, in una spirale di violenza fisica e spesso anche sessuale. Il progetto Rete d’Azione femminile e maschile (per dire no alla violenza sulle donne) dal 2019 è attivo per sensibilizzare e dare corretta informazione laddove i mezzi della comunicazione sociale, i cosiddetti mass media, spesso danno un insano spettacolo in questo senso, come se la vita delle persone fosse un film romanzato sul quale produrre audience.
Ma, la violenza non è uno spettacolo e le statistiche parlano chiaro:
sono 88 le persone uccise in Italia tra gennaio, febbraio, marzo e aprile 2024, con un calo del 25,4% rispetto al primo quadrimestre 2023, quando le vittime furono 118, ma questo non ci conforta abbastanza, ancora è un miraggio lontano la risoluzione di questo problema umano e sociale. Nel mondo ogni anno vengono uccise circa 45 mila donne, 5 ogni ora. Nella maggior parte dei casi l’autore è un membro della loro famiglia. In Italia, nel 2023, sono state uccise 106 donne, una ogni tre giorni. Il dato del ministero degli Interni è aggiornato al 19 novembre e comprende anche Giulia Cecchettin, per il cui femminicidio è stato accusato Filippo Turetta, l’ex fidanzato. Nel mondo 1 donna su 3 ha subito violenza sessuale o fisica almeno una volta nella vita e l’86% vive in Paesi in cui non c’è protezione legale contro la violenza (dati UN Women). In Italia sono quasi 7 milioni le donne tra 16 e 70 anni che hanno subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nella loro vita (dati Istat) e, nel 2022, sono state più di 20 mila quelle che si sono rivolte a un centro antiviolenza (dati Rete Dire – Donne in rete contro la violenza) e oltre 30 mila le chiamate all’1522, il numero antiviolenza e stalking.
Ma che cos’è il reddito di libertà? Come funziona?
Il reddito di libertà (RdL) mette a disposizione un aiuto economico di 400 euro al mese al massimo per un anno, ed è rivolto a donne vittime di violenza e in difficoltà. Già attivo nel 2023, secondo le ultime notizie, è stato confermato anche dalla Legge di Bilancio 2024. La domanda per ottenere il reddito di libertà deve essere presentata all’Inps e il sussidio viene erogato dalle Regioni e dalle Province autonome con risorse sia statali che proprie.
Il reddito di libertà è un sussidio economico mensile riconosciuto per massimo un anno alle donne vittime di violenza istituito per garantire e favorire l’indipendenza economica, l’emancipazione e dei percorsi di autonomia per le donne vittime di violenza che si trovano in condizioni di povertà. Il reddito di libertà può essere richiesto dalle donne vittime di violenza, sole o con figli minori a carico, già seguite dai centri anti violenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali locali. Le destinatarie devono poi rispettare i seguenti requisiti: essere residenti nel territorio italiano; essere cittadine italiane o comunitarie o, in caso di cittadine di Stato extracomunitario, in possesso di regolare permesso di soggiorno; aver intrapreso un percorso di fuoriuscita della violenza presso i centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali;
trovarsi in una particolare condizione di povertà e di vulnerabilità, nonché di “urgenza e di bisogno” che deve essere dichiarata e certificata dal servizio sociale professionale di riferimento territoriale che si sta occupando della donna interessata. Il Reddito di libertà viene pagato ogni mese ai beneficiari tramite le Regioni dopo l’ok dell’Inps, ma l’erogazione avviene solo fino a esaurimento delle risorse disponibili. Nel 2023 i fondi statali messi a disposizione si sono esauriti molto presto ma, alcune Regioni ne hanno messi a disposizione altri. Il reddito di libertà può essere riconosciuto una sola volta direttamente dall’Inps, per le interessate, per un importo di 400 euro su base mensile per un massimo di 12 mesi, è riconosciuto ed erogato con lo scopo di coprire le spese e per assicurare alle donne vittime di violenza e in difficoltà economiche il raggiungimento dei seguenti obiettivi: l’autonomia abitativa; un percorso scolastico e formativo per i figli o le figlie minori; l’acquisizione di un’autonomia personale a seguito di episodi di violenza. I fondi saranno erogati agli enti locali, ovvero i Comuni per conto delle singole Regioni. Il reddito di libertà non può certamente rappresentare una soluzione al problema della violenza, ma può essere un buon inizio, un piccola luce che può filtrare nel cuore e nella mente di quelle donne che possono finalmente maturare la speranza di rimettersi in gioco, di riprendere la loro vita, e così tra la protezione delle sempre più numerose case di rifugio e un empowerment lavorativo adeguato si può attuare una piccola rivoluzione sociale e restituire diritti e dignità a chi ha subito, perché ricordiamoci che la violenza fisica è quasi sempre violenza economica, per cui se non si offrono entrambi i supporti per uscire dal tunnel, non ha nemmeno senso cominciare. D’altronde come ci insegna papa Giovanni Paolo II: “La violenza è una menzogna, poiché è contraria alla verità della nostra fede, alla verità della nostra umanità. La violenza distrugge ciò che sostiene di difendere: la dignità, la vita, la libertà degli esseri umani”. Lasciamoci abbracciare dalle sue parole e accendiamo una candela di speranza nel cuore di ogni donna ferita.