L’Eterno Sentire (di Lara Carrozzo)
Una lieve striatura nel panno del cielo, invaso dal simbolo pulviscolare, sospingeva il versatile odore dell’inconsapevole dolcezza ad inebriarsi, in un crescendo di violente pulsioni, di universi dall’orizzonte esasperatamente denso e colpevole di un’emozione dai contorni inaccessibili.
Conseguentemente, mentre camminavo sospesa nella calura mattutina di un giorno qualsiasi, quello strano fotogramma venne a racchiudersi, ad avvilupparsi, come un vortice marino, nei recessi franti di un individuo dalle fattezze irripetibili: ali farinose, ma colme di una visione primitiva.
Una falena proveniente da chissà quale spazio etereo e incredibilmente recondito. Il suo paese poteva essere una meravigliosa Amazzonia dalle congiunture un po’ diverse, forse astratte, per appartenere al mondo del “tutto”.
Mi destai con difficoltà dallo stordimento e nel riordinare i pensieri, i due momenti susseguitisi mi avevano dato l’impressione di effettuare un passaggio, come se avessi oltrepassato una linea di confine che confiscava il mio primo essere alla natura per divenire, nel mentre di un secondo, un personaggio bizzarro, che stava per chiedere ad un sé del dopo risposte cui non erano procedute delle domande …
Continuai, e procedendo per un percorso inaspettato, mi trovai improvvisamente a ridosso di maestosi equilibri di rocce solari dove sembrava essersi poco prima dissolta la neve dei miei ricordi.
Un luogo iridescente nel suo sembiante.
Completamente estasiata decisi di riposarmi, per contemplare le rifrazioni delle efflorescenze create da piccoli rigagnoli distesi in quella tellurica bellezza; mi resi conto che il paesaggio circostante era come un puzzle intarsiato, in quel frangente, nel fondo dell’anima e ancora da ricongiungere. Era talmente intensa l’eco risucchiata dai miei occhi che stentavo a riconoscermi, ero disorientata e divenuta prigioniera di un’osservazione mistica che mi comprendeva e mi estrometteva ripetutamente.
Si avvicinava, intanto, il manto misterioso della sera, che mi avrebbe avvolta in un istante e mi sarei finalmente perduta nella luce costante dell’unica notte destinata alla crescita divertita di una donna, abbattuta dalla tempesta come un albero, e che per un giorno si era totalmente arresa all’universo delle emozioni che rapiscono il tempo.
Ero come infreddolita. Mi addormentai con il canto delicato del vento che nel sonno si fece più intenso.
Mi venne incontro la falena: le sue ali erano delineate da un’immensità d’incanto, i suoi occhi densi di una saggezza sottesa; scintillante nei colori naturali, mi colse in un abbraccio misto di candore e una vastità impercorribile di sentimento d’Amore.
Mi svegliai, ero tramortita; il cuore, in trepidazione, d’un tratto si calmò, e sentii il mio essere librarsi nell’oscurità, tra i corpi celesti e le virginee figure che riempivano l’atmosfera.
Una di loro mi accompagnò nello spazio aereo della mia nascita, nel completamento dell’essere, gremito d’innocenze primordiali.