La non violenza come metafora del dono di sé. (Il dono come scelta razionale in contrapposizione alla violenza) di Lara Carrozzo
L’itinerario più elementare da compiere nella nostra vita, e che maggiormente ci troviamo ad esercitare senza rendercene conto è quello della violenza, perché è insita nell’essere umano, è un istinto primordiale che ci rende manifesti al mondo nella nostra carnalità, molto distante dalla capacità di donare se stessi nella carità, nell’amore infinitamente tenero. «La carità è la virtù teologale per la quale amiamo Dio sopra ogni cosa per se stesso, e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio» (Catechismo Chiesa Cattolica, 1822); essa «ha come frutti la gioia, la pace e la misericordia; esige la generosità e la correzione fraterna; è benevolenza, suscita la reciprocità, si dimostra sempre disinteressata e benefica, è amicizia e comunione». «Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4, 16). Donare però, è una scelta razionale, ed è da qui che può rinascere il concetto di non violenza. Di non violenza si è parlato tanto, il principio venne teorizzato formalmente negli anni Venti del Novecento dal Mahatma Gandhi e applicato dal movimento anticoloniale indiano, che lo ricollegava al principio di origine induista e buddhista dell’ ahimṣā, ed ebbe un peso notevole per il successo del movimento indipendentistico indiano. All’esempio di Gandhi si sono richiamati esplicitamente Martin Luther King e diversi movimenti pacifisti, ecologisti e per i diritti civili, soprattutto a partire dagli anni Sessanta. Gandhi, in particolare, sottolineava come “La religione della non violenza non è fatta solo per i Rishi (saggi) e i santi” e “La dignità dell’uomo esige ubbidienza a una legge più alta, alla forza dello spirito…”
La non violenza si definisce, quindi, come valore, come prassi e come scopo. È una scelta etica, che si traduce in azioni e comportamenti finalizzati al raggiungimento di obiettivi di giustizia sociale.
Ho deciso di scrivere questo articolo, perché nella società attuale non riscontriamo quella reale giustizia che dovrebbe andare nella direzione di chi soffre: le donne e gli uomini che hanno subito violenza, ma anche i bambini, gli anziani, i disabili. Il mio vuole essere un messaggio di luce! Che possa avere una funzione di cooperazione nell’azione sociale, ecco perché è importante trattare questa tematica della non violenza da diverse angolazioni, mettendo in campo differenti scienze. Da sempre, crediamo nella forza e nella necessità di seminare insieme sui temi della non violenza, della giustizia, della solidarietà, della pace, perché l’individualismo è un morbo oscuro che sta distruggendo una società che quasi ci scandalizza nella sua freddezza, ostilità, narcisismo esasperato, ma, specialmente, nell’incapacità di essere per l’altro, lì dove lo smarrimento e la perdita dell’identità si manifestano invece nell’essere secondo l’altro. È questo desiderio di mimesi che ha estirpato il concetto di origine e quindi di identità nell’uomo e nella donna.Le situazioni di violenza oggi, sono ormai innumerevoli, diventa difficile fare dei calcoli precisi, perché assistiamo ad un imperante dilagare di brutalità, cinismo, uccisioni ingiustificate di donne, che prima vengono isolate socialmente ed economicamente, e infine violentate e uccise. Questi i più ricorrenti titoli di cronaca sui giornali:
“Ogni 2 giorni in Italia una donna viene uccisa dal compagno”.
“Pugni e bastonate alla moglie davanti alla figlia”
“Pestata dall’ex compagno, in ospedale lancia un appello:
ho il terrore che ritorni”.
“Pedina e accoltella alla mano l’ex compagna”.
“L’ex l’aggredisce davanti a casa: ti sfregerò con l’acido”.
Tutte queste frasi, ci riportano certamente ed una logica di dolore, sofferenza, morte, e sono in contrapposizione ad una logica di dono, di luce. Ecco perché il concetto di non violenza diviene metafora del dono di sé all’altro. Il vero dono non vuole la reciprocità, il donare non può essere sottoposto alla speranza della restituzione, di un obbligo che da esso nasce, ma invia una chiamata, accende una responsabilità, stimola il legame sociale. Il debito dell’amore regge la logica del dono nella quale è proprio il carattere della gratuità. Ma, davanti all’oscurità del dolore e della sofferenza di milioni di uomini e di donne, e della difficoltà della lotta contro la violenza, ciò che conta è chiedere a Dio di salvarci dalle onde pericolose, liberarci dalla paura che ci immobilizza e, incorporando la logica del dono, evitare altre croci. Liberare l’altro è compito dell’amore. Bisogna togliere, e non aggiungere chiodi; agevolare l’amato affinché possa volare senza mai sentirsi incatenato. Liberare l’amato affinché possa essere sempre nella scelta. Chi libera l’altro viene dall’amore ed è libero di amare in modo plurale, senza possedere nulla e nessuno; chi trattiene è schiavo di se stesso e vive lontano dall’amore, vive chiuso nel proprio inferno. La libertà consiste in questo: in amare senza cercare un vantaggio, senza chiedere di essere amato come fosse un diritto. Questa è la libertà che manifesta l’impronta dell’oblatività che speriamo possa rappresentare una nuova strada per il nostro futuro.